mercoledì 11 marzo 2015

LITTLE SECRET cap. 6 (RACCONTO)

Dove eravamo rimasti:
Karl lotta disperatamente contro Craulad nella speranza d'intrattenerlo quel tanto che bastava a Sara per allontanarsi da loro, ma non è forte abbastanza ed è costretto a soccombere sotto i colpi dell'avversario. Lo scontro sembra volgere al peggio per l'uomo dai capelli d'argento, ma proprio mentre sta per cedere, Sara corre in suo soccorso, così grazie ad un attimo di distrazione dell'avversario, fuggono teletrasportandosi il più lontano possibile. Quando Sara riprende i sensi, il padre giace al suo fianco in fin di vita, disperata la ragazza prova a rianimarlo col suo sangue, ma l'uomo l'aggredisce. Una volta ripreso il controllo, Karl decide di prendere le distanze dalla figlia, si rifugiano in un container all'interno di un cantiere edile dove possono recuperare le forze e chiarirsi. Ed ora la storia continua.....




Karl riaprì lentamente gli occhi, vide il soffitto piccolo e sporco del container, sentiva il rumore assordante della pioggia che picchiettava sul tetto metallico ed il respiro regolare di Sara che dormiva a pochi passi da lui. Un sogno? Com’era possibile che un vampiro sognasse? Eppure era così. Aveva rivissuto un avvenimento del suo passato, di quando era ancora umano, di quando le sue mani non si erano ancora macchiate di sangue. Sospirò passandosi una mano tra i capelli. Rhith, sua moglie era la donna più bella che avesse mai visto in vita sua e Sara le assomigliava davvero tanto, come lei, aveva dei folti capelli lunghi corvini, la figura snella e slanciata, la pelle bianca e le guance leggermente arrossate, solo gli occhi erano diversi, quelli di Sara erano come i suoi, color ambra, mentre quelli di Rhith erano azzurri come il cielo d’estate. Si alzò diretto verso la figlia, ora che era priva di sensi, riusciva a sfiorarla senza timore o forse era colpa di quel sogno, ma sembrava essersi rincuorato. Doveva proteggerla, era questa la sua missione e la promessa che aveva fatto a sua moglie, sua madre. “Che sia successo tutto perché ho bevuto il suo sangue?” pensò perplesso. “Che mi abbia trasmesso i suoi ricordi di quando era un infante attraverso di esso?”. Si sentiva confuso, sfiorò con un dito le guance rosee della ragazza e sorrise, poi si sedette accanto a lei per osservarla in silenzio. La pelle calda, il respiro regolare erano tutte cose che lui ormai non aveva più, per quanto avesse preservato la sua forma umana, il suo corpo ormai era morto e non vi era modo per tornare indietro. “Il passato non si può cambiare” mormorò, “vero, Rhith?” concluse posando il capo alla parete e chiudendo nuovamente gli occhi.
 “Cosa ti è successo?” chiese Karl notando l’improvviso pallore nel volto della moglie.
“Sto bene, non preoccuparti” tagliò corto Rhith incamminandosi verso le stanze. Prima di andare a cambiarsi si affacciò nella camera della bambina che era intenta a guardare un libro illustrano comodamente sdraiata nel letto, il giorno dopo avrebbe incominciato il secondo anno delle scuole elementari ed era molto emozionata al pensiero.  Sorrise alla piccola e si spostò nella camera da letto, quando il marito si affacciò sulla soglia.
“Rhith?”.
“Scusami per prima, è tutto oggi che mi sento nervosa, ho l’impressione che qualcuno mi osservi di continuo e poi questa continua nausea ed i mal di testa” sospirò, “non so più che pensare, eppure il dottore ha detto che non ho niente, ma…”.
“Ora calmati, vedrai che andrà tutto bene. Forse ti sei semplicemente affaticata troppo in questo ultimo periodo, può succedere”. La donna si lasciò abbracciare. Sembrava davvero molto scossa e preoccupata, ormai erano mesi che i mal di testa e le nausee persistevano senza un valido motivo ed erano entrambi preoccupati, ma Karl doveva farsi vedere forte, se anche lui si dimostrava apprensivo, la moglie ne avrebbe sofferto di più.
“Mamma? Papà?” li chiamò Sara facendo capolino nella stanza.
“Cosa c’è, tesoro? Vuoi anche tu un abbraccione?” rise il padre sollevandola da terra. Sara rise aggrappandosi alla maglia del padre, quello per lei era il periodo più bello della sua vita.

“Uccidimi!”.

Karl aprì gli occhi spaventato, si guardò di nuovo intorno, aveva di nuovo visto avvenimenti del suo passato e la cosa iniziava a turbarlo non poco. Guardò Sara che si agitava nel letto probabilmente a causa di un brutto sogno e provò a svegliarla. Le mise una mano sulla spalla scuotendola dolcemente, lei aprì gli occhi confusa: “Karl?” mormorò con un filo di voce.
“Sara?!”.
“Ah, papà!” sussurrò scattando seduta nel letto, “scusa ho fatto un brutto sogno o almeno credo, perché non ricordo molto, solo che c’eravamo tu, io  e la mamma” spiegò ancora assonnata.
“La mamma?”.
“Si, sembrava un ricordo di quando era molto piccola, tu e la mamma bisbigliavate tutti agitati nella vostra stanza ed io mi sono incuriosita, quindi sono venuta a vedere cosa stavate facendo e…” si bloccò portandosi una mano alla fronte, “…e poi ho immagini frammentarie, ricorda di aver visto il sorriso della mamma e tu che piangevi, papà. Non so per quale motivo tu fossi così sconvolto nel sogno, non ho un’immagine nitida di quei momenti, ma ricordo che si percepiva un’immensa sensazione di ansia” fece una pausa, “mi sentivo soffocare”. Il padre non disse nulla, ma l’abbracciò dolcemente come a rincuorarla, mentre la sua mente vagava immersa nei suoi pensieri. “Che sta succedendo?” si chiese Karl. Lui e Sara avevano facendo lo stesso sogno anche se con dei piccoli sviluppi diversi, ma com’era possibile tutto ciò?
“Papà? Chi è Thyra? Ora vuoi dirmelo? Cosa c’entra lei con noi?” chiese al riparo tra le braccia dell’uomo.
Lui si alzò diretto al fornellino a gas che fungeva da cucina, prese un pentolino, lo riempì a metà d’acqua ed accese la fiamma. Prese poi da una mensola una scatola contenente del the in bustina, ne scelse una a caso e la posò in una tazza pulita.
Sara al caldo sotto la sua coperta, fissava il padre in silenzio, buttò un occhio all’orologio appeso alla parete che segnava le 4:20 del mattino, “non ho dormito poi un granché” constatò tirando le coperte fino a coprirsi il mento. Ormai era abituata ai silenzi del padre che sembravano dirle: non ora. Non era necessario porre nuovamente la domanda o aspettarsi una risposta, la cosa probabilmente sarebbe morta li.
“Non ti starai di nuovo mettendo a dormire?” le chiese l’uomo porgendole una tazza di the fumante. “Tieni, mangia questi insieme” continuò porgendole una porzione monouso di biscotti trovati da qualche parte chissà dove nel container.
“Grazie” mormorò Sara. Era effettivamente molto affamata, ma non voleva certo lamentarsi col padre per una condizione fisica così imbarazzante in un momento per loro così drammatico. Non si riusciva a spiegare perché, ma dal suo risveglio, il padre era di nuovo amabile e rilassato. Non sembrava più terrorizzato al sol pensiero di rivolgerle la parola e questo la rincuorava. Diete un morso secco ad uno dei biscotti, il busto dolce ed avvolgente del burro le era sembrava la cosa più buona sulla faccia della terra.
“Thyra, lei era un vampiro” prese a parlare il padre fissando un punto imprecisato della parete di metallo di fronte a loro, “lei era la compagnia di Craulad”.
“Era?” scattò Sara.
“Si. Devi sapere che tantissimi anni fa, ci fu una lotta fra vampiri di varie razze e ceti. Non si capisce come sia potuto accadere, ma pare che siano impazziti a causa di un farmaco sperimentale che alcuni di loro aveva assunto per non doversi sempre cibare di sangue umano”.
“Perché? Esistono altri vampiri come te che non amano il sangue umano?” gli chiese con la bocca piena. Karl le sorrise. La sua curiosità e l’espressione che aveva assunto, le davano un’aria ancora più da bambina.
“Non ho mai detto che il sangue umano non mi piace, anzi… è quasi afrodisiaco per noi, ma cibarmi di umani sarebbe come rinnegare il fatto che anch’io lo sono stato e non posso e non voglio accettarlo”. Lei annuì in segno di comprensione.
“Comunque i vampiri si erano suddivisi in due fazioni, coloro che non si cibavano di umani e coloro che uccidevano senza pietà per nutrirsi. I primi presero contatti con un rinomato chimico che non esercitava più la sua professione a causa di un incidente da lui provocato anni prima in cui avevano perso al vita due dei suoi tre assistenti. L’uomo studiò un farmaco la cui composizione ancor tutt’ora è ignota, ma non i suoi effetti collaterali. Dopo pochissime assunzioni, i non mangiatori di uomini iniziarono a dar di matto e ad attaccare i propri simili, fu così che iniziò la guerra dei vampiri, circa 30 anni fa”.
“Trent’anni?” strabuzzò gli occhi Sara, sorseggiando il suo the.
“Si, e durò per 12 lunghi anni” annuì Karl pensieroso. Sara spostò lo sguardo dalla tazza al volto del padre e poi di nuovo alla tazza. Erano avvenimenti risalenti a prima della sua nascita, non riusciva neanche ad immaginarsela una guerra del genere. “Tu, hai partecipato a questa guerra, papà?”.
“No, io all’epoca ero ancora umano” rispose subito.
“Ma tu quando sei diventato un vampiro? E chi ti ha trasformato?” fece una pausa, “e perché poi?”.
“E’ stata Thyra, è stata lei a vampirizzarmi”.
Sara non parlò, ma continuava a fissarlo in attesa che continuasse il discorso.
“Durante quella guerra i sangue puri si stavano estinguendo. Tra di essi vi sono alcuni vampiri in grado di procreare, così decisero di metterli al riparo tra gli umani, sigillando i loro poteri”.
“Cosa significa?”.
“Significa che erano in tutto e per tutto degli umani, quindi non erano in grado di essere riconosciuti dai loro simili e quindi fuori pericolo”.
“Si ma i vampiri in quel periodo aggredivano anche gli umani, no? Quindi non erano poi così al sicuro” constatò Sara.
“No, erano troppo impegnati a mangiarsi l’un con l’altro, il cibo in quegli anni non gli mancava di certo e poi per un vampiro normale, cibarsi del sangue di un sangue pure è come per un umano mangiare caviale, è qualcosa di molto pregiato”  sorrise tristemente Karl. La ragazza notò l’improvviso cambio d’espressione del padre, ma preferì non fargli domande in merito. Il fatto stesso che avesse deciso di parlargliene era già un vero miracolo, ma ancora non capiva perché la moglie di Craulad lo avesse vampirizzato, c’era qualcosa che non la convinceva, che le sfuggiva.
“Conobbi Thyra quando era diventata umana, lei non aveva più memoria della sua vita fino al nostro incontro e così decisi di prendermi cura di lei ed in poco tempo c’innamorammo”.
“Cosa? Prima della mamma stavi con una vampira?” scattò in piedi.
“Diciamo di si” mormorò Karl abbassando lo sguardo. “Ma Craulad tornò a riprenderla, la fece ritornare normale e lei mi aggredì e così che diventai un vampiro” concluse con aria poco convinta. Dava l’impressione di non aver detto tutta la verità ed ormai Sara lo conosceva troppo bene per non intuirlo. Sospirò rimettendosi seduta, prese la coperta e vi si avvolse pensierosa.
“Qualcosa non va?” chiese il padre.
Lei fece no col capo. Non voleva sapere altro, non per ora. Si sentiva ancora un pò debole per quello che era successo poche ore prima ed aveva deciso di prendere per buono quel poco che il padre in quel momento si era deciso di confessare. Stando al racconto che aveva appena sentito, Craulad era mosso da vendetta per amore, la cosa poteva essere credibile, lei stessa aveva sentito l’uomo pronunciare: “Non esiste pace per te, ho giurato a Thyra che ti avrei gettato all’inferno con le mie stesse mani e lo farò, puoi starne certo!”, quindi doveva essere di sicuro vero, ma quindi Craulad aveva assistito alla morte di Thyra? Ma se così fosse, perché non aveva provato a salvarla? Ha dimostrato pienamente di essere più forte di suo padre ed allora perché non era intervenuto in suo aiuto? Mugugnò incrociando le gambe e stringendosi di più nella coperta.
“Avanti sputa il rospo” sorrise Karl,  “quando stai rimuginando su qualcosa, aggrotti così tanto le sopracciglia che ti esce un vero solco sulla fronte” rise posandole un dito proprio nel punto in cui si era formata la piega.
“Eh? Ma non è vero!” si scostò Sara tutta rossa in viso.
Entrambi risero e questa volta le loro erano risate sincere. Fu così improvvisa e naturale come cosa che entrambi si stupirono del suono che le loro gole emettevano. Quanto tempo era che non ridevano così? Non riuscivano neanche più a ricordarlo ed a Sara le si spezzò il cuore. Era di questo genere di momenti che aveva bisogno, eppure per anni non aveva fatto altro che torturarsi sull’ipotisi più assurde ed improbabili sulla natura di suo padre. Ipotesi che purtroppo alla fine si erano dimostrate vere, ma che non riuscivano a darle quel senso di soddisfazione che si prova quando si ha ragione.
“Senti, posso chiederti ancora una cosa?”.
“Dimmi”.
“Perché Craulad non ha cercato di salvare Thyra? Perché la lasciata morire?”.
“Perché pensi che l’abbia lasciata morire?”.
“Lui ha detto di aver promesso alla sua compagnia di mandarti all’inferno, no? Quindi immagino che questa promessa l’abbia fatta quando lei era ancora in vita” mormorò grattandosi lo zigomo.
Karl esitò, sembrava non sapesse neanche lui come rispondere, si schiarì la voce: “No, Thryra morì tra le mie braccia, fu lei a darmi l’anello che porto alla mano destra” risposte mostrandole la mano. “Mi disse di non separamene mai”.
“E perché? Eri un suo nemico! E lei ti aveva trasformato in un vampiro, quindi perché hai tenuto un suo oggetto?” scattò visibilmente indignata.
“Perché ci amavamo, te l’ho detto”.
“Quindi l’ami ancora? Più della mamma?”.
Karl esitò davanti alla figura snella e tremante della figlia che non riusciva a mascherare il suo disappunto, il viso aveva preso colore e gli occhi erano lucidi, sembrava sul punto di piangere da un momento all’altro ma, come sempre, riusciva a mostrare una fierezza senza pari mascherando il suo lato infantile quando più ce n’era bisogno.
“Sara, ascolta…”.
“No, non voglio sentirti dire che l’ami ancora! Non voglio saperlo! Quello che voglio sapere è perché non getti quello stupido anello? A che ti serve tener fede alla promessa fatta ad una persona che voleva ucciderti? Che ti ha condannato ad un esistenza buia e solitaria?” sbottò a voce alta.
“Ci sono cose che non puoi capire”.
“Certo! Io non posso mai capire, vero? Ma è ovvio che non posso se tu non mi spieghi, ti sembra? Cos’aveva lei di così speciale? Nei vari racconti dell’orrore, si dice che i vampiri hanno un potere ammaliatore, vorresti dirmi che sei stato ammaliato dalla sua bellezza? E’ così?” continuò ad urlare Sara ormai senza controllo. Karl non disse nulla, ma la prese per i polsi tirandola a se. Lei si dimenò irritata: “lasciami!” urlò cercando di liberarsi, ma l’uomo non mollava la presa.
“Se non riesco a dirti questa cosa, è perché per me è ancora una ferita aperta” le sussurrò all’orecchio.
“Ti ho detto di lasciarmi!”. Il respiro si era fatto irregolare.
“Ascoltami, un giorno ti parlerò più approfonditamente di questa storia, ma ora non sei ancora pronta”.
“Perché?” scattò aggrappandosi con forza alla maglia del padre. “Non capisci come mi sento? Io ho perso tutto! Mia madre, la mia casa, i miei amici, ma non ero triste, perché avevo te, ma ora…” fece una pausa singhiozzando, “ora, se tu te ne esci con un discorso del genere, scusami ma per me è davvero troppo! Io ti amo profondamente papà, lo sai, ma non posso perdonarti quello che hai appena detto” continuò alzando gradualmente la tonalità della voce. “Io ti odio! Ti odio!” urlò tirandogli un pugno sul petto, tanto forte da provocare un suono secco, ma l’unica a farsi male fu proprio Sara che si accovacciò in terra reggendosi la mano.
“Sara!”.
“Non toccarmi!” urlò in lacrime ed uscì di corsa dal container.




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